Marchio vs. distributori locali
Gli imprenditori nostrani sono sempre a caccia di nuovi mercati, soprattutto esteri, per promuovere i propri prodotti d’eccellenza del Made in Italy. Alcuni di essi ci pongono, spesso e volentieri, il seguente quesito: “Posso registrare un marchio, ora che ho firmato il contratto di distribuzione con il mio nuovo rappresentante estero?”. Purtroppo, non è semplice rispondere a costoro che il rischio che il proprio marchio possa essere già stato contraffatto risulti concreto.
Da dove nasce il rischio della contraffazione?Purtroppo, l’imprenditore, per una sorta di deformazione professionale, risulta incline ad investire e, quindi, a tutelare al meglio il proprio brand, solo dopo aver acquisito la certezza che il distributore locale prescelto si sia contrattualmente assunto l’impegno a distribuire i prodotti del core-business sul mercato estero d’interesse. Il problema nasce dal fatto che il distributore “gioca d’anticipo”, per la serie appurato che l’imprenditore italiano è incline a sottoscrivere un apposito contratto di distribuzione, si precipita ad ottenere la registrazione di un marchio presso l’ufficio competente. In buona sostanza, cerca di “battere sul tempo” l’imprenditore nostrano, al quale, quindi, non resterà che valutare di intraprendere delle lunghe e costose iniziative giudiziarie presso gli organi competenti e risolvere il contratto di risoluzione per evidente male fede del distributore locale.
Come comportarsi in tali situazioni?Ogni fattispecie è diversa dall’altra, di conseguenza non esiste un rimedio valido “per tutte le stagioni”, solo un attento studio ed analisi del caso, alla luce della normativa locale, consentirà di poter elaborare una mirata strategia di difesa e di eventuale attacco nei confronti del distributore infedele.
Qui di seguito, elenchiamo sinteticamente alcune possibili strategia comunemente adottabili:
- Instaurare una trattativa per la possibile cessione del marchio;
- Depositare un’azione di nullità per il deposito del marchio in mala fede;
- Richiedere il ritiro del marchio, minacciano la risoluzione del contrasto di distribuzione;
Ognuno di tali possibili rimedi legali comporta chiaramente di dover previamente conoscere quanto costa registrare un marchio e ci si dovrebbe anche chiedere perché non vi si è proceduto per tempo.
Instaurare una trattativa per la possibile cessione del marchioTale rimedio risulta il più appetibile sia per i tempi rapidi di risoluzione sia per i costi abbordabili da dover affrontare, per le serie potrebbe considerarsi il classico “salvataggio in corner”, per utilizzare una famosa metafora calcistica.
Tale rimedio ovviamene risulta esperibile solo se ci si trova di fronte ad un distributore malleabile, che abbia riconosciuto il proprio illecito e, magari, desideroso di portare avanti al partnership commerciale, senza pregiudicare i rapporti in essere. Un equo accordo transattivo, che tenga conto dell’avvenuta registrazione di un marchio, potrebbe risultare satisfattivo per entrambe le parti. Tutto è legato, ovviamente, alla reciproca disponibilità assunta dalle parti, che non è da ritenersi scontata.
Depositare un’azione di nullità per il deposito del marchio in mala fedeTale rimedio legale risulta inevitabile quando il distributore non dimostri la benché minima apertura o interesse a salvaguardare la partnership commerciale. In tale ipotesi, la battaglia legale potrebbe risultare onerosa per entrambe le parti in causa, sebbene il più delle volte alla fine vengono riconosciuti i diritti illegittimamente violati del titolare del marchio.
Qualora si intraprenda tale soluzione, si consiglia il previo studio ed analisi della maturata giurisprudenza sui casi analoghi, per verificare le chances di successo, ci sono molti consulenti specializzati tra i quali poter scegliere e, soprattutto si consiglia di registrare un marchio locale per rafforzare la propria tesi legale, ossia quella di aver subito un illecito per mala fede del distributore.
Richiedere il ritiro del marchio, minacciano la risoluzione del contrasto di distribuzioneTale rimedio potrebbe risultare il più semplice da applicare, purtroppo è quello che, a conti fatti, ha scarse chances di successo. Infatti, una volta appropriatesi del marchio del Made in Italy, lo spettro della risoluzione del contratto di distribuzione ha scarso potere dissuasivo, sia perché sarà sempre possibile valutare una produzione locale, magari a costi estremamente bassi e competitivi, confidando poi nel ricarico che verrà applicato sul prodotto marchiato Made in Italy. Inoltre, il quanto costa registrare un marchio risulterà certamene un buon investimento per il distributore estero truffaldino. In ogni modo, inviare una lettera di diffida, tramite il proprio consulente legale specializzato, non può essere esclusa a priori, per non lasciare nulla di intentato. I dati in nostro possesso ci mostrano che tale soluzione risulta le meno soddisfacente per l’imprenditore italiano.
In conclusione, suggeriamo a tutti i nostri lettori, di muoversi per tempo, ossia valutare il possibile deposito del proprio marchio prima di intraprendere qualsivoglia trattativa con uno o più distributori esteri, al fine di assicurarsi la registrazione del proprio marchio estero prima di giungere alla sottoscrizione del contratto di distribuzione.