La liberalizzazione del mercato delle utilities
Ci stiamo oramai avvicinando alla fatidica data del 2022, quando verrà meno il mercato tutelato delle utilities e, quando il libero mercato entrerà a pieno regime per le forniture del gas metano e dell’energia elettrica. Di conseguenza, l’aspra competizione dei vari fornitori si gioca anche sulla tutela marchio.
I vari competitors hanno certamente compreso che il modo più immediato di creare un’immagine cristallina ed una specchiata reputazione per accaparrarsi le quota di mercato, è certamente quello di puntare sulla protezione esclusiva, ossia ottenere un riconoscimento legittimo per l’utilizzo del proprio brand nel proprio segmento di mercato.
Una delle maggiori problematiche che le utilities devono però affrontare è quella di riuscire a scovare un brand che sia effettivamente unico, visto e considerato che tutte hanno l’interesse a ruotare intorno al concept di energia, con le inevitabili declinazioni della suddetta denominazione. Ciò determina un affollamento del segmento di mercato ed, inevitabilmente, molte delle suddette utilities finiscono col confondersi le une con le altre. Di conseguenza, “puntare” su un brand già “occupato” da altri non avrebbe senso, risulterebbe un inutile esborso di denaro e non riuscirebbe ad intercettare alcuna fetta del mercato dei consumatori potenzialmente interessati.
Quelle utilities che risultano già da qualche anno presenti sul mercato hanno avuto il tempo d’intercettare un naming che risulta oramai conosciuto e sufficientemente innovativo. Lo stesso discorso non può essere fatto per quelle utilities che cercano di entrare ora nel segmento, infatti, non avrebbero tempo sufficiente per accreditarsi sul mercato con un brand completamente sconosciuto, quindi, puntano sulle denominazioni descrittive e generiche, con i rischi di confondibilità già indicati in precedenza. Per costoro, “puntare” su un marchio anonimo potrebbe rivelarsi un boomerang, oltre che un pessimo investimento economico.
A tal proposito, segnaliamo che il registrare marchio costo deve tenere in debita considerazione non solo i costi di base per l’attività di deposito del segno distintivo, ma dovrà mettere in conto anche i potenziali rischi di subire una procedura d’opposizione da parte di terzi soggetti, visto e considerato che “i margini di manovra” che ruotano intorno ad un concept inflazionato sono veramente risicati. Ecco perché bisognerà ponderare con estrema attenzione il rapporto costi-benefici, qualora si decida di puntare su un brand oramai inflazionato e facilmente confondibile dai consumatori.
I vari consulenti legali e gli avvocati sono in prima linea nell’elaborare una personalizzata strategia, per assistere al meglio le utilities, il rischio dell’assembramento è oramai concreto e tangibile. D’altro canto il fattore tempo risulta decisivo, visto che la competizione tra i vari fornitori è oramai entrata nel vivo, ecco perché puntare su un marchio potrebbe fare la differenza tra il riuscire a colmare il gap con i fornitori storici, oppure relegare un operatore nel dimenticatoio. Gli utenti sono a dir poco spaesati, trovandosi di fronte a numerosi operatori che si presentano con lo stesso brand, visto e considerato che in precedenza erano abituati a relazionarsi con l’unico operatore statale che operava in regime di monopolio.
Un utile suggerimento è quello di trovare dei broker energetici, validi e professionali, in grado d’assistere i consumatori nella scelta dei loro prossimi fornitori, visto che il mercato dell’energia risulta a dir poco complesso ed articolato.